Gianni Morandi, presidente onorario del Bologna, non ci sta. I cori e gli striscioni della curva Andrea Costa lo hanno deluso e ferito. Il suo sfogo, pubblico e durissimo, è affidato alla sua pagina Facebook. Ne abbiamo dato conto ieri, la sostanza è semplice: di fronte al “comportamento razzista e offensivo” che ha oltraggiato “la figura di Lucio Dalla” con insulti agli avversari napoletani che denotano “una maleducazione deficiente“, Morandi minaccia di lasciare la carica, simbolicamente rilevante, di primo tifoso del Bologna Football Club.

Il suo gesto è inedito. Seppur investito di un ruolo onorario è difficile ricordare in passato un altro “dirigente” del calcio italiano che prende nettamente posizione rispetto al malcostume imperante nelle curve. C’è da dire che evidentemente Morandi frequenta poco gli stadi italiani (Dall’Ara incluso) perché questi cori, sì, compresi quelli con riferimento al “Vesuvio”, sono un’eredità del “bel calcio di una volta”, quello senza pay tv, anche se proprio nell’era delle televisioni (e di internet) sembrano diventati una novità. Direttamente accomunati al razzismo e da reprimere con inusitata cialtroneria attraverso multe e chiusure di settori degli stadi che vengono decise dall’ineffabile Tosel ed immediatamente sospese. E’ successo anche in questo caso, curva chiusa con pena “sospesa”, un film già visto che ha avuto rarissime eccezioni, che non mi pare il caso di specificare quali. Ci siamo capiti.

Insomma, la presa di posizione di Morandi è rumorosa, potrebbe persino risultare “utile”, anche se conosciamo la testardaggine degli ultras, poco avvezzi a farsi dire cosa possono fare e cosa non possono fare. Peccato però che quest’anno non sia la prima volta che la curva del Bologna si mette a scherzare con il fuoco.

Già perché lo striscione “Sarà un piacere quando il Vesuvio farà il suo dovere“ ricorda molto da vicino quel “Per un caldo natale…brucia un gobbo” comparso in curva Andrea Costa durante l’ultimo Bologna – Juventus ad inizio dicembre. L’invito “pirotecnico” era accompagnato da un: “Dopo anni di terroni e milanesi…vi servivano dei bambini per portare in curva dei veri piemontesi“, c’è il margine per una bella discriminazione territoriale.

Quella sera non mancarono, ovviamente, cori insultanti di ogni genere e di tutti i livelli di volgarità che erano stati preceduti da un tentato assedio con lancio di oggetti in direzione del pullman che aveva trasportato i giocatori della Juve all’interno dell’impianto bolognese. Un’abitudine che i tifosi felsinei devono aver appreso proprio dagli “odiati” napoletani, già protagonisti di calorosi saluti di benvenuto con lancio di pietre in direzione del bus bianconero nelle recenti trasferte al San Paolo della squadra di Conte.

All’epoca il giudice sportivo non si accorse di nulla, o meglio, nessuno deve avergli riferito queste circostanze (vista e udito selettivo), perché non arrivarono multe specifiche. Gli ispettori federali erano però in buona compagnia, nemmeno Morandi si accorse di nulla e, almeno in quel caso, non sentì il bisogno di dire pubblicamente che “essere presidente onorario non gli piace più”.

E non successe nemmeno quando nel 2012 la curva di cui oggi il cantante si vergogna fece deferire la società bolognese per striscioni che “ironizzavano” sul tentato suicidio di Gianluca Pessotto. Che dire: non è mai troppo tardi.

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ultimo aggiornamento: 21-01-2014


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